Chiesa di San Michele alla Chiusa
di Fulvio Roberto Besana e Annunziata De Dominicis
grafica e sito web Donato Pangrazio
La storia che raccontiamo è stata ricostruita attraverso i documenti giacenti negli archivi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano (cartaceo, disegni e fotografico). Il carteggio (1) è cronologicamente collocato tra il 23 agosto 1928 e il 14 gennaio 1930, e consente di ripercorrere la vicenda che ha portato alla demolizione della chiesa di S. Michele alla Chiusa, a partire dalla chiusura al culto della basilica fino all’autorizzazione alla demolizione da parte del Ministero dell’Istruzione.
Il 23 agosto 1928 (doc. 1) il Procuratore Generale del Re comunica alla Reale Sovrintendenza che il Cardinale Arcivescovo della Diocesi di Milano aveva disposto, in data 10 marzo 1926 (la data corretta è 10 marzo 1928), “la chiusura al culto dell’Oratorio di S. Michele alla Chiusa di questa città, con la traslazione dell’Oratorio medesimo nel quartiere Gamboloita fuori di Porta Romana in questa città”, e chiede un parere al Sovrintendente in merito a tale provvedimento.
L’allora Sovrintendente, Carlo Calzecchi Onesti, con pronta risposta (doc. 2) comunica di essere a conoscenza del provvedimento di chiusura al culto della chiesa (“appreso dalla stampa cittadina”) tanto da aver già disposto un accertamento e di avere constatato che “si era messo mano allo spogliamento delle suppellettili e arredi degli altari e delle pareti”. Il Soprintendente riferisce che, a fronte di tale situazione, aveva “rammentato” (doc. 3) alla Fabbriceria di San Lorenzo (da cui san Michele alla Chiusa dipendeva) che la chiesa sussidiaria era sottoposta a tutela in base alla normativa vigente, che “stabilisce e fissa norme per le Antichità e le Belle Arti” e, pertanto, eventuali modifiche, rimozioni o demolizioni necessitano dell’autorizzazione della Soprintendenza.
Nella lunga lettera di risposta, al Procuratore del Re, il Soprintendente riferisce dell’importanza della chiesa di San Michele alla Chiusa quale caposaldo topografico fosse di grande interesse, in particolare nei quartieri più caratteristici come quello di San Lorenzo, mantenere alcuni punti di riferimento, “ che hanno tanto significato per gli studiosi e per le stesse tradizioni popolari” soprattutto nella fase di rapido rinnovamento della città che si stava vivendo in quegli anni. Evidenzia, inoltre, quanto ci sia di “irrazionale e confusionistico, nei riguardi della toponomastica, nell’ annunciato proposito di trasferire la denominazione di S. Michele alla Chiusa alla nuova chiesa” che sarebbe stata realizzata alla Gamboloita.
Segue la descrizione della chiesa che “ appartiene a due periodi: essa risulta infatti di due chiese abbinate; per maggior chiarezza alla più antica, risalente al sec. XV, se ne aggiunse forse nei primi anni del sec. XVI, un’altra affiancata: le cappelle del lato sinistro della più antica, si trasformarono in arcate di comunicazione con la chiesa aggiunta. Durante i secoli successivi si rinnovò più volte la decorazione, in modo che i caratteri artistici originari andrebbero ricercati attraverso un paziente lavoro d’indagine.
Tuttavia, da quanto risulta dai vecchi libri di storici cittadini e dall’esame diretto, la curiosa chiesetta doppia non è da relegare tra quelle prive di ogni decoro e di ogni carattere d’arte. Possedeva ancora nel sec. XVIII dipinti di molto pregio (come riferisce il Lattuada) (2) e tuttora si conservano buone tele del seicento e del settecento, una delle quali molto notevole; del celebre Cerano. Buonissimi sono diversi altari e balaustre del settecento in marmi policromi: alcuni ferri battuti di cancelletti; un confessionale assai bene scolpito (sec. XVI) – Notevoli gli affreschi secenteschi della volta sopra il presbiterio della chiesa di destra; ecc. ecc. Infine la torre campanaria mantiene ancora le caratteristiche architettoniche originarie”.
La lettera termina con un parere negativo alla demolizione: “codesta on. Procura comprende, da tutto quanto ho avuto il pregio di esporre, che quest’ufficio non può esprimere parere favorevole nei riguardi di qualsiasi provvedimento inteso a far demolire la chiesa di S. Michele alla Chiusa; e, al contrario, deve chiedere che sia ricollocato al suo posto tutto ciò che fu rimosso senza autorizzazione alcuna: il che è consono alle disposizioni della legge sulle Ant. e B. A. 20 giugno 1909 n. 364 e del Regolamento genn. 1913 n. 363 (art. 26 e seg. art. 31).
La Fabbriceria parrocchiale di S. Lorenzo è quindi da ritenersi responsabile e tenuta a provvedere, in base alle indicazioni che riceverà da questo ufficio – Il che potrà avvenire in via amministrativa, con riserva di procedere, se del caso, con azione giudiziaria”. Una copia della stessa lettera, viene inoltrata alla Fabbriceria di San Lorenzo (doc. 4).
Il prevosto di San Lorenzo, evidentemente allarmato dalla dura lettera ricevuta, invia al Soprintendente un biglietto (doc. 5) di ringraziamento per la “ gentilezza usataci di comunicarci il parere da Lei dato alla Procura del Re riguardo alla Chiesa di S. Michele” e nel contempo informa di averne dato notizia alla Veneranda Curia Arcivescovile, responsabile della chiusura della chiesa. Il messaggio termina con la speranza che “forse un colloquio personale metterebbe a posto ogni cosa”.
Avuta notizia dal parroco di San Lorenzo della lettera del Sovrintendente la Curia invia, a firma del Vicario Generale Giovanni Rossi una lettera alla Procura Generale del Re in cui (doc. 6) (3) si riferisce che prima di emettere il decreto di chiusura al culto della Chiesa di San Michele alla Chiusa era stato chiesto al parroco di San Lorenzo se la chiesa fosse compresa negli elenchi degli immobili soggetti alle disposizioni della legge del 1909, avendo ricevuta risposta negativa. Era stato inoltre consultato, sempre con esito negativo, l’elenco degli edifici di Milano soggetti alla sorveglianza della Sovrintendenza, pubblicato nel 1926 per fornire indicazioni al comune per la redazione del piano regolatore. Pertanto la Curia non ritiene che si debba “fare colpa all’ autorità ecclesiastica di Milano di non conoscere il valore storico artistico di questo edificio che forse non era noto neppure alla Sovraintendenza dei monumenti”.
Riguardo alle pitture e sculture presenti nella chiesa, le stesse, secondo l’opinione della Curia, potevano essere trasportate sotto la sorveglianza e la direzione della Soprintendenza. Quanto invece all’ importanza topografica della chiesa “pur apprezzando queste ragioni ci sembra che non sia il caso di mantenere una chiesa, mentre è facile trovare altri mezzi per indicare il luogo ed i nomi”. La lettera si conclude specificando che “la chiesa è dissacrata e abbandonata e non si potrà più riaprire al culto. E per queste come per altre ragioni sovraesposte, l’eminentissimo signor Cardinale Arcivescovo ritiene di dovere insistere sul suo Decreto di trasferimento”.
Copia di questa lettera viene trasmessa in allegato alla nota del Procuratore Generale del Re al Sovrintendente (doc 7) nella quale si “osserva che, pur apprezzando i motivi esposti da codesto Ufficio, non ritiene sia il caso di conservare e mantenere una chiesa di scarso valore artistico all’infuori di alcune caratteristiche di località, mentre può tornare facile trovare altri mezzi per indicare il luogo ed il nome di un vecchio caposaldo topografico della antica Milano”.
Preso atto inoltre che è “desiderio di S. E. il Cardinale Arcivescovo di mantenere ed insistere nel suo decreto di trasferimento della Chiesa di S. Michele alla Chiusa nel quartiere periferico della Gamboloita, vedrà V. S. ill.ma se torni opportuno insistere o modificare l’avviso contrario espresso da codesto Ufficio circa il trasferimento medesimo”.
Il Soprintendente risponde al Procuratore (doc. 8) dichiarandosi disposto a modificare il proprio parere (”può riconoscersi l’opportunità di non insistere”) anche in considerazione delle ragioni che la Curia aveva esposto in un colloquio richiesto direttamente al Soprintendente. Quanto sopra “sulla base di accordi che dian modo di giovare altrimenti agli interessi artistici topografici e toponomastici dello stesso rione” e che avrebbero dovuto essere approvati dal Ministero dell’Istruzione. In sostanza nel colloquio tra Soprintendente e Curia era stato trovato un accordo focalizzato su tre punti: “provvedimenti atti a ricordare in luogo l’esistenza della Chiesa da demolire; garantire la conservazione delle opere d’arte esistenti nella chiesa stessa; riversare parte dell’utile ricavabile dalla alienazione dell’edificio a favore della Basilica di S. Lorenzo per restauri artistici da eseguirsi sotto il controllo della Soprintendenza”.
Indispettito dai contenuti della nota che la Curia aveva inviato alla Procura Generale del Re il Soprintendente Calzecchi conclude la lettera con alcune precisazioni:
“1. L’art. 3 della legge 20 giugno 1909 n. 364 non è citato a proposito, giacchè esso impone la compilazione di un elenco descrittivo delle cose mobili e immobili agli amministratori degli Enti che lo posseggono, elenco che i detti amministratori debbono presentare al Ministero dell’Istruzione. E’ una disposizione di legge che può sempre farsi valere, ma che purtroppo nella pratica ha avuto scarsa applicazione. In ogni modo è da intendersi al contrario di come è stata intesa dalla Ecc.ma Curia.
2. Gli elenchi compilati dai comuni e gli stessi elenchi ufficiali hanno puro carattere amministrativo, e debbono ritenersi incompleti e privi di effetti giuridici; e ciò per espressa dichiarazione del Ministero.
3. L’art. 26 del Regolamento 30 genn 1913 n. 363 impone agli Enti l’obbligo di rivolgere domanda al Soprintendente affinché conosca se la cosa raggiunge l’interesse sopraccennato. Da ciò rilevasi che, se non l’Ecc.ma Curia, senza dubbio la Fabbriceria di San Lorenzo, ente proprietario, aveva lo stretto obbligo di chiedere l’autorizzazione. Invero i casi dubbi si verificano, può dirsi, per ogni chiesa d’Italia e tanto più per chiese di remota origine, che esternamente o internamente mostrano evidenti caratteri d’arte e sono ornate di quadri, affreschi, decorazioni tali che onestamente debbono far sorgere il dubbio cui accenna il Regolamento. Conviene altresì insistere sul fatto che la legge del 1909 non sottopone a tutela solo le cose immobili e mobili che abbiamo interesse artistico, ma anche quelle d’interesse storico, archeologico e paletnologico.
4. L’ipotesi, non so come e quanto fondata, che questo edificio di San Michele alla Chiusa, non era forse noto neppure alla Sovraintendenza, non deve nemmeno essere rilevata essendo asserzione priva di ogni base
Il successivo documento, in ordine cronologico, è un estratto del verbale (doc. 9) della Commissione conservatrice dei monumenti: in merito alla questione Calzecchi riferisce “che la Sovraintendenza, trovatasi nell’assoluta impossibilità di sottrarre alla demolizione la chiesa di S. Michele alla Chiusa, ha preso rilievi e fotografie di quanto essa contiene di notevole, ed ha ordinato che tutti gli oggetti artistici rimangano uniti per essere depositati in San Lorenzo”.
Due tavole di rilievo – pianta e sezione a matita su lucido – in scala 1:50 della chiesa (doc. 10) sono comprese nell’archivio disegni della Soprintendenza (4), come pure nel fascicolo fotografico sono presenti 10 fotografie (5) degli esterni e degli interni della chiesa.
Nella successiva lettera della Curia Arcivescovile di Milano, inviata alla R. Sovraintendenza dei Monumenti della Lombardia (doc. 11), il vicario capitolare formalizza l’accordo tra i due uffici, già accennato nella lettera alla Procura Generale del Re, riportando in dettaglio le disposizioni imposte alla fabbriceria di S. Lorenzo: “… in accordo colla Ven. Fabbriceria di S. Lorenzo, si è deciso:
1° che del ricavo della alienazione dello stabile, la somma di L. 200.000, (duecentomila) sarà lasciata alla Ven. Fabbriceria, intestataria per i lavori di restauro della Basilica di S. Lorenzo.
2° che il mobilio, l’arredamento, gli infissi, ecc… non saranno dispersi, ma essendo regolarmente inventariati, saranno destinati od alla Basilica di S. Lorenzo, od alla nuova chiesa da costruirsi col ricavo della vendita.
3° che la demolizione sarà fatta sotto la sorveglianza di codesta Sovraintendenza” Il testo si concludeva con la reiterazione della richiesta di nulla osta all’alienazione della chiesa.
La lettera della Curia viene trasmessa dalla Soprintendenza (doc. 12) in copia conforme al Ministero dell’Istruzione – Direzione Generale delle Ant. E B. A. con una nota accompagnatoria in cui si riferisce che era stato trovato un accordo con la Curia per la demolizione della chiesa, che prevedeva in particolare la destinazione di L. 200.000 per il restauro della Basilica di S. Lorenzo.
Il Soprintendente ritiene di dover “rilevare che la condiscendenza mostrata in questa occasione non solo non deve far nascere la speranza di simile condiscendenza in tutti gli altri casi che ogni momento si ripropongono con instancabile insistenza, ma deve essere intesa solo come prova che la tenacia con la quale la Sovraintendenza si oppone e continuerà ad opporsi alla distruzione di alcune chiese (esempio: quella di S. Gervaso e Protaso) è giustificata da motivi tali che non possono in modo assoluto permettere qualsiasi transazione. Prego cod. on. Ministero di prendere atto di ciò e di approvare gli accordi per San Michele alla Chiusa con la condizione che si abbandoni di ogni altra insistenza specie per la ricordata chiesa e per quella di S. Raffaele”.
A fronte della richiesta della Curia di pervenire ad una solerte definizione della faccenda anche perché dalla vendita di San Michele alla Chiusa avrebbe ricavato il denaro per costruire un’altra chiesa, il Soprintendente sollecita una risposta al Ministero. Nella nota (doc. 13) si legge: “ciò che più sta a cuore della Sovrintendenza – dalla vendita stessa si ricaveranno L. 200.000 da spendere in lavori per la Basilica monumentale di S. Lorenzo in Milano”.
La Direzione Generale delle Antichità e Belle arti del Ministero della Pubblica Istruzione autorizza (doc. 14) la demolizione “alle condizioni seguenti:
1°) che la Curia Arcivescovile di codesta città abbandoni ogni insistenza per abbattimento di altre chiese, specie quella di S. Gervaso e Protaso e per quella di S. Raffaele;
2°) che dal ricavato dell’area e del materiale dello stabile, la somma di lire duecentomila sia destinata per i lavori di restauro della Basilica di S. Lorenzo;
3°) che il mobilio, l’arredamento, gli infissi ecc., siano destinati alla Basilica di S. Lorenzo, o alla nuova chiesa da costruirsi colla rimanenza del ricavato della vendita suddetta;
4°) che la demolizione della chiesa in parola sia fatta sotto la sorveglianza di codesta Soprintendenza”.
Il 19 giugno 1929 la Soprintendenza comunica (doc. 15) (6) alla Veneranda Curia Vescovile che il Ministero ha autorizzato la demolizione alle quattro condizioni già citate.
La stessa Curia riscontra (doc. 16) (7) e rassicura la Sovrintendenza in merito alle condizioni previste dall’autorizzazione alla demolizione di S. Michele alla Chiusa.
In data 14 ottobre 1929 la Procura Generale del Re trasmette (doc. 17) alla Soprintendenza il decreto (doc. 18) del Guardasigilli che autorizza la vendita della Chiesa alla Compagnia di Assicurazione “La Milano” la quale, a seguito di asta per licitazione privata, aveva offerto 900.000 lire (a fronte di una perizia giurata che aveva valutato l’immobile 840.000 lire).
Nel prosieguo del carteggio l’arch. Calzecchi in una nota (doc. 19) alla Veneranda Curia Arcivescovile di Milano, facendo riferimento all’impegno della stessa Curia a trasportare gli arredi e il mobilio di S. Michele alla chiusa nella chiesa di S. Lorenzo (o alla nuova chiesa che si sarebbe dovuta edificare con il ricavato della vendita della chiesa) chiede che tali arredi siano trasferiti presso la Certosa di Garegnano dove la Soprintendenza stava per avviare una campagna di restauri. Su tale ipotesi si chiedeva parere alla Curia. La soluzione prospettata dalla Soprintendenza aveva “il duplice scopo non soltanto di conservare in efficienza un gruppo di pregevoli altari settecenteschi, ma altresì di completare ed arredare degnamente le cappelle della Certosa senza dover ricorrere in forti spese”.
La Soprintendenza successivamente sollecitava la Curia a fornire una risposta alla precedente lettera del 13 dicembre 1929. Il sollecito (doc. 20) era giustificato dal fatto che il giorno seguente (15 gennaio 1929) sarebbero cominciati i lavori di restauro alla Certosa.
Note
(1) Archivio vecchio (AV) cartella 41 fascicolo 14
(2) Serviliano Latuada Descrizione di Milano 1737-1738
(3)
(4) Mobile D cassetto VIII cartella Q
(5) Archivio fotografico cartella 414
(6) l’appunto in calce scritto a matita rossa riporta la data – non casuale in cui la stessa nota viene trasmessa per conoscenza alla P.G. con un’aggiunta necessaria per chiudere definitivamente la questione.
(7) La nota del 24 giugno 1929 e’ su carta intestata listata al lutto per la recente scomparsa di Eugenio Tosi; Pio XI due giorni dopo, nominerà Alfredo Ildefonso Schuster Vescovo
dell’Arcidiocesi.
Bibliografia
R. Balestrini – Chiesa di S. Michele alla Chiusa in Milano ritrovata, Milano 1991
M.T. Fiorio – Le chiese di Milano
G. Giulini – Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e della campagna di Milano ne secoli bassi raccolte ed esaminate dal conte Giorgio Giulini Milano 1760
S. Latuada – Descrizione di Milano ornata con molti disegni in rame delle fabbriche più cospicue che si trovano in questa metropoli raccolta ed ordinata da Serviliano Latuada sacerdote milanese 1738-1739
P. Rotta – Passeggiate storiche, ossia le chiese di Milano dalla loro origine fino al presente Milano 1891
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